Posto che gli animali domestici per i giudici sono “esseri senzienti”, gli stessi per la legge sono pur sempre “cose mobili” (l’art 77 della legge 221 del 2015 che ha modificato l’articolo 514 del codice di procedura civile, tra l’altro ne ha sancito l’impignorabilità).
Quando c’è una separazione al dolore del distacco dalle persone si aggiunge quello del distacco dagli animali domestici, e la giurisprudenza, in caso di contestazione, si basa sul diritto di proprietà, che può essere dimostrato con la produzione in giudizio delle fatture di acquisto, di copia del bonifico di pagamento del prezzo, dal titolo risultante dall’anagrafe regionale canina, nonché dall’intestazione del microchip (se presente), dotato di un numero univoco collegato al nominativo di un proprietario.
Nelle separazioni consensuali e nei divorzi congiunti viene concessa dai giudici la facoltà di inserire anche patti intesi a regolare il godimento dell’animale, purché accessori al contenuto proprio del giudizio di separazione o divorzio, dovendosi invece negare l’ammissibilità di azioni o interventi giudiziali analoghi a quelli pertinenti la prole nei giudizi conseguenti alla crisi familiare
Significativo in tale senso il DECRETO CORTE DI APPELLO DI MESSINA – N. R.G. 00000088/2023 DEL 10/04/2023 PUBBLICATO IL 10/04/2023, secondo il quale “Nel nostro ordinamento manca una norma di riferimento che disciplini l’affidamento degli animali domestici ed il diritto di visita rispetto ad essi, in caso di separazione o divorzio dei coniugi o dei conviventi […] La Corte ritiene che pur potendo ammettersi la possibilità per i coniugi di inserire nell’accordo di separazione anche le condizioni che disciplinano l’affidamento degli animali domestici, perché ciò non contrasterebbe con nessuna norma , lo stesso non può ritenersi in ipotesi di separazione giudiziale: in siffatto caso- che è quello in esame- il Tribunale non è tenuto ad occuparsi dell’assegnazione degli animali domestici, neanche se gli viene chiesto espressamente dalle parti con il ricorso. Solo l’accordo dei coniugi può, quindi, definirne la sorte, ma se manca l’intesa non spetta al giudice decidere sull’assegnazione, ovvero sul diritto di visita. E’ stato riconosciuto, però, che il giudice può prendere in considerazione il problema dell’affidamento dell’animale domestico a tutela di figli minori.
Secondo la SENTENZA TRIBUNALE DI ROMA N. 17045/2021 – N. R.G. 00009229/2020 DEL 02/11/2021 PUBBLICATA IL 02/11/2021 “Non esiste ad oggi una normativa specifica che regoli l’affidamento del cane in caso di separazione tra i coniugi o i conviventi. La normativa prevede esclusivamente la differenza tra persone e cose e non esiste un terzo genus. Vi è una parte della giurisprudenza che riconosce il cane come essere senziente e diverse decisioni in cui il Tribunale ha omologato decisioni consensuali tra i coniugi e relative all’affidamento del cane. Ma, se, come nel caso in esame, non vi è accordo tra le parti, il giudice in assenza di norma non potrà giudicare sull’affidamento del cane ma dovrà valutare il caso sulla base delle vigenti normative che prevedono la tutela della proprietà. Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 2 marzo 2011, ha dichiarato inammissibile, in sede di separazione giudiziale, la domanda volta all’assegnazione di animali di affezione all’uno o all’altro dei coniugi, per il fatto che l’ordinamento italiano non prevede ancora nulla circa la possibilità di affidare gli animali domestici, “né essendo compito del giudice della separazione quello di regolare i diritti delle parti sugli animali di casa”. La giurisprudenza (tra cui il Tribunale di Como) ha provveduto semplicemente alla omologa di accordi relativi ad affidamento di animali domestici esclusivamente nel caso in cui trattasi di condizioni sulle quali sussiste pieno accordo fra i coniugi, ed inoltre, perché “non urtano con alcuna norma cogente, né con principi di ordine pubblico”. Il Tribunale di Como, ha affermato che in caso di contrasto fra i coniugi sul punto, il giudice della separazione non è tenuto, almeno sulla base dell’attuale diritto positivo, “ad occuparsi della assegnazione degli animali di affezione all’uno o all’altro dei coniugi, né della loro relazione con gli stessi”.