(spunto da Cass 20415_2025 del 21.7.2025)
Secondo l’art. 160 del Codice civile “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”.
I patti validi, prematrimoniali e/o in corso di matrimonio, possono essere solo quelli che prevedono un riequilibrio delle rispettive posizioni patrimoniali dei coniugi, in caso di fine del matrimonio, senza andare in alcun modo ad intaccare diritti indisponibili ed inderogabili, ed in particolare quelli relativi alla tutela di figli minori, e senza alcun riferimento, esplicito o implicito, al futuro assetto dei rapporti economici tra i coniugi conseguenti all’eventuale pronuncia di separazione o divorzio.
In tal caso, i patti possono legittimamente costituire un “contratto atipico con condizione sospensiva lecita, espressione dell’autonomia negoziale dei coniugi diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, cod. civ., essendo, infatti, il fallimento del matrimonio non causa genetica dell’accordo, ma mero evento condizionale» (Cass. civ. sent. n. 23713/2012).
E’ ovvio che «in tema di contribuzione per i bisogni della famiglia durante il matrimonio, ciascun coniuge è tenuto, secondo quanto previsto dagli artt. 143 e 316-bis, primo comma, c.c., a concorrere in misura proporzionale alle proprie sostanze e, a seguito della separazione, non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell’altro per le spese così sostenute in modo indifferenziato”.
Ma un accordo contrattuale “può meglio rispecchiare le singole capacità economiche di ciascun coniuge o modulare forme di generosità spontanea tra i coniugi ed è, comunque, finalizzato al soddisfacimento delle primarie esigenze familiari e dei figli, nel rispetto dei doveri solidaristici che trovano” – lo loro origine – “nel rapporto matrimoniale».
L’accordo prematrimoniale, per essere valido, trova nella fine del matrimonio solo il verificarsi di una condizione sospensiva, che rende efficaci eventuali patti restitutori di beni o regolatori di spese fatte e/o impegni presi al di là dell’obbligatorio regime solidaristico del matrimonio, come ad esempio un prestito fatto da parte di uno dei coniugi all’altro, o la messa a disposizione di beni, di valore materiale e/o affettivo, che esulano dalla disciplina inderogabile prevista dalla legge, la cui restituzione non va ad intaccare la tutela del coniuge più debole, ma costituisce solamente la specificazione della concorde volontà delle parti che se l’unione fallisce, è giusto che rientrino nella piena disponibilità e proprietà di chi li aveva messi a disposizione di una vita in comune che è venuta a mancare.